RICORDI

della maestra Anna:

la “Cuèta” nei primi anni sessanta

 

Talvolta, durante l’estate, si andava giù alla “Cuèta”, noi bambini a bagnarci i piedi mentre qualche adulto, come mio zio, ci pescava pure.

Partendo dalla mia casa si percorreva, per un breve tratto, la via Primo Maggio, poi, vicino alla Siome si prendeva a sinistra una stradina, in discesa, col fondo di terra battuta e ciottoli, che appariva subito piuttosto accidentata. Poco più avanti, sempre sulla sinistra, si apriva un vasto prato su un pendìo. Ancora oggi, quando nevica tanto, ci possono andare bambini e ragazzi a scivolare con le slitte.

Si camminava in quel sentiero e dopo il prato c’erano i boschetti di robinie, a volte fitti, a volte più radi, a volte non erano robinie ma castagni, o roverelle, o betulle sparse qua e là, o qualche raro pino ad offrirsi alla veduta dei passanti. Sulla destra invece, si scorgeva più che altro il terreno o qualche masso, appartenenti  alla parete della collina sovrastante.

Finalmente, a destra, appariva la prima cava di molera e si sapeva che eravamo quasi arrivati. Ecco l’altra cava, più grande, con l’acqua in profondità, e la mamma mi spiegava che vi avevano lavorato tanti vecchi malnatesi: i “picaprei” cioè gli spaccapietre che estraevano la molera dalla collina formando così la cava.

Ancora pochi passi, e se si stava in silenzio si poteva sentire un leggero sciacquìo: era la “Cuèta” che scorreva trasparente e tranquilla su un letto di sassi rotondi. Le rive lì erano molto boscose e le ombre degli alberi davano all’acqua un fondo vario che passava dal verde cupo all’azzurro. A tratti, ai piedi dei sassi più grossi, si formavano leggere cascatelle. La “Cuèta” si poteva ammirare da un ponticello di legno, oppure giungervi vicino, dove si era formata una piccola spiaggetta. E in quel punto, dove l’acqua era bassa, tolte scarpe e calze, si entrava nell’acqua fresca, tra le raccomandazioni di mamme e zie in sottofondo: - State attenti a non scivolare sui sassi, non entrate troppo, se l’acqua è troppo fredda uscite altrimenti vi ammalate! - 

Io, a dire la verità, faticavo un po’ a reggermi in piedi tra quei sassi scivolosi e per spostarmi mi aiutavo a volte con le mani; quando avevo raggiunto un punto d’equilibrio mi fermavo a giocare con l’acqua o a guardare intorno. Invece mio fratello e mio cugino, di qualche anno più grandi di me, erano sempre occupati a costruire piccole dighe di sassi, decisi a ritrovarle quando saremmo tornati alla “Cuèta”.